Le piante velenose nel nostro giardino

Text: Cécile Stäger

Belle da vedere, dannose per l’organismo

Nei nostri giardini e in mezzo alla natura sono uno spettacolo magnifico, ma se per sbaglio le cogliamo o le tocchiamo, possono provocare gravi intossicazioni. Stiamo parlando delle piante indigene che contengono sostanze tossiche. In particolare bisogna prestare grande attenzione ai bambini e agli animali che scoprono l’ambiente circostante anche attraverso il senso del gusto.

Aconito napello
Foto: Fotolia

In Europa sono presenti circa 50 famiglie di piante velenose. Le sostanze velenose sono contenute perlopiù in semi, rizomi, bulbi, giovani germogli e foglie. Cinque tra le più velenose piante al mondo crescono anche in Svizzera. Scoprite nella nostra breve panoramica a quali piante prestare particolare attenzione.

Colchico autunnale 
(colchicum autumnale)

Attenzione: da non confondere con l’aglio orsino (allium ursinum)!

Chi in primavera raccoglie l’aglio orsino selvatico per farne un profumato pesto, dovrebbe essere molto cauto nel raccogliere le foglie perché assomigliano molto a quelle della pianta velenosa denominata colchico autunnale (o falso zafferano). Per andare sul sicuro analizzate le piccole differenze tra le due piante: le foglie dell’aglio orsino sono peduncolate e hanno una forma ellittica, quelle del colchico autunnale invece non hanno peduncolo e sono di forma lanceolata. Ancora più caratteristico è il forte odore di aglio dell’aglio orsino, mentre il colchico autunnale è inodore. Evitate la raccolta ai margini dei boschi; raccogliete l’aglio orsino nel mezzo del campo selvatico in cui cresce.

Il veleno del colchico autunnale è potenzialmente letale già a partire da meno di 1 mg per kg di peso corporeo. Dal 1966 in Svizzera sono stati registrati quattro casi mortali dovuti al colchico autunnale. I sintomi di avvelenamento comprendono nausea, choc, intontimento, forte stimolo a urinare, crampi, elevata sudorazione, coliche, diarrea sanguinolenta, occasionalmente labbra di colore bluastro, aumento della frequenza cardiaca e paralisi respiratoria.

Colchico autunnale
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Cicuta maggiore
(conium maculatum)

Altrettanto tossica è la cicuta maggiore; le sostanze tossiche che contiene colpiscono il sistema nervoso e provocano la paralisi respiratoria. Nell’antichità il filosofo Socrate fu condannato a bere una coppa di cicuta. I casi di avvelenamento sono causati perlopiù dalla confusione con il cerfoglio o il prezzemolo. Oltre alle macchie rosse sul fusto, un altro segno caratteristico della cicuta è l’odore sgradevole e nauseabondo, simile all’urina di topo, che per fortuna la rende immangiabile. Il contatto con il succo della pianta può provocare un’irritazione cutanea. In natura la cicuta cresce su superfici incolte, ma ormai raramente è presente allo stato selvatico.

Cicuta maggiore
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Mughetto 
(convallaria majalis)

Un’altra pianta che può essere scambiata per aglio orsino è il mughetto, a causa delle foglie molto simili all’apprezzato ingrediente per il pesto. Il mughetto cresce più tardi, tra aprile e giugno, è presenta fiori bianchi campanulati. Tutte le parti del mughetto sono velenose. In caso di contatto esterno possono insorgere in rari casi irritazioni cutanee e agli occhi, mentre l’ingestione accidentale di diverse foglie provoca vomito e diarrea e un battito cardiaco rallentato o irregolare.

Mughetto
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Belladonna
(atropa belladonna)

Nonostante questo nome armonioso e accattivante, la belladonna è una pianta estremamente velenosa. Il nome del genere «Atropa» deriva da «Atropos», ossia il nome di una delle dee greche che stabilivano il destino degli uomini.

Le sue bacche nere risultano invitanti, soprattutto per i bambini. Le intossicazioni dovute a bacche, ad esempio anche del lauroceraso (Prunus laurocerasus), sono ai primi posti delle statistiche dei centri veleni. Per fortuna la maggior parte delle bacche velenose non hanno un buon sapore e vengono rapidamente sputate: in questo modo il quantitativo di sostanze tossiche ingerite è minimo e non provoca gravi conseguenze. Tuttavia già tre-quattro bacche di belladonna hanno un effetto letale per un bambino, mentre per un adulto ne servono dieci-dodici. Quindi non toccate le bacche che non conoscete! La belladonna cresce nelle radure dei boschi di latifoglie e di conifere e ai margini dei boschi oppure come pianta ornamentale nei giardini.

Belladonna
Foto: Fotolia

Pànace di Mantegazza
(heracleum mantegazzianum)

Il pànace di Mantegazza, o Pànace gigante, è una grande pianta che può raggiungere i tre metri di altezza e può causare gravi infiammazioni alla pelle. Se la pelle viene a contatto, anche leggero, con il succo di questa pianta, si produce una reazione fototossica: la pelle diventa estremamente sensibile alla luce e quindi i raggi del solo possono produrre dolorose infiammazioni (lesioni bollose). Il succo tossico è contenuto perlopiù nel fusto vigoroso, mentre il contatto con le foglie provoca reazioni meno forti. Il pànace cresce ai margini dei sentieri e dei boschi e su terreni incolti.

Pànace di Mantegazza
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Tasso 
(taxus baccata)

Il tasso è un albero sempreverde con foglie verde scuro, molto usato come siepe ornamentale nei giardini. In autunno produce delle bacche rosse. Gli aghi sono lunghi fino a 3 cm, di colore verde cupo nella parte superiore e verde giallastro in quella inferiore, con 2 linee stomatifere. È velenosa l’intera pianta, eccetto il manto di semi rossi. L’ingestione dei semi masticati delle bacche o di pochi aghi può provocare disturbi gastrici quali diarrea, vomito e crampi addominali, abbassamento della pressione e aumento della frequenza cardiaca. Se le quantità ingerite sono considerevoli, si possono avere delle aritmie. Per i cavalli l’ingestione di pochi rametti di tasso può essere letale.

Tasso
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Aconito napello
(aconitum napellus)

L’aconito napello con i suoi fiori brillanti di colore viola è la pianta indigena più velenosa. Tutte le parti della pianta sono altamente tossiche e già in piccole quantità possono provocare l’avvelenamento. Il veleno può essere assorbito attraverso le mucose e addirittura la pelle integra, ma in questo caso le conseguenze non sono gravi. I tipici sintomi che seguono un’ingestione di questa pianta sono torpore, nausea, eccitazione nervosa, aritmie e crampi e nei casi più gravi anche blocchi circolatori.

L’ingestione può essere letale a partire da 2 g di radici. L’aconito napello selvatico cresce in posizione elevata della media montagna europea e preferisce terreni freschi e umidi nei pressi dei ruscelli. È anche una diffusa pianta ornamentale nei nostri giardini.

Aconito napello
Foto: Fotolia
Che fare in caso di avvelenamento?

In caso di un sospetto avvelenamento chiamare il medico oppure il Centro svizzero d’informazione tossicologica Tox Info Suisse al numero 145  che fornisce informazioni mediche gratuite 24 ore su 24. www.toxinfo.ch

Applicazioni utili:

Riconoscere le piante con questapp: 

PlantNet (Apple) (Google)

Questapp aiuta in caso di avvelenamento di qualsiasi tipo:

Tox Info App (Apple) (Google)